È la più francese tra le abbazie cistercensi. E’ la più bella del Lazio. Forse la più bella d’Italia. E’ l’Abbazia di Fossanova.

Chiesa, convento, infermeria, stalla, ospizio per i pellegrini: ambienti dalla geometria perfetta, tutti costruiti con il solo aiuto degli scalpellini del luogo da un unico monaco che veniva direttamente dalla Francia, tutti perfettamente conservati.

Tutti pensati per la vita semplice, per la meditazione, per il lavoro: perché Fossanova, nata come piccolissimo borgo nella campagna paludosa alla fine del 1100, era anche una fabbrica che sfruttava l’acqua del fiume Amaseno per lavorare i metalli.

Entrare nel borgo è come passare la porta del tempo, è un varco spazio-tempo, un’esperienza unica: la facciata col suo grande rosone è lì, un fondale bianchissimo col tiburio ottagonale contro il cielo, a sinistra la casa dell’abate rossa, a destra i resti romani. All’interno tanta luce, una fuga di pilastri verso l’abside, la porticina per passare nel chiostro, uno spazio interno-esterno con le colonnine a coppie e capitelli elaboratissimi, la sala capitolare e il refettorio. Sul retro la stanza che ospitò san Tommaso d’Aquino, il grande filosofo medievale, negli ultimi momenti della vita, nel 1274.

In chiesa, la perfetta acustica – la voce in sordina del monaco che prega cantando arriva, argentina, fino all’ingresso – rende la chiesa ideale per i concerti: ogni estate il Festival di musica pontino fa tappa tra le volte gotiche di Fossanova, monumento nazionale dal 1874.

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