Inghiottitoi, doline, hum, cavità nelle rocce, grotte e cisterne naturali, siamo nelle Calanche di Santo Nicola, ai piedi del Monte delle Fate. Esattamente a Sonnino, nella provincia meridionale del Lazio. Le calanche sono così chiamate per la chiesetta rurale dedicata al Santo Nicola, i cui resti sono ancora visibili: mura di cinta e un piccolo catino scavato nella roccia, potrebbe essere stato una rustica acquasantiera. Dicono gli anziani che tra la fessura di un hum vi era presente una piccola campana. Se amate l’outdoor iniziare la visita di Sonnino, a partire dalle calanche, è l’ideale.

Tuttavia Sonnino, ricordata anche per l’affascinante storia dei briganti e per il sapore del suo olio, tanto da darle l’appellativo di “Citta’ delle olive”, ha davvero molto da offrire. Caratterizzata per le sue cinque porte di accesso, connesse da una serie di camminamenti all’interno delle antiche mura, venivano aperte all’alba e richiuse al tramonto.

Tra gli edifici religiosi c’è la chiesa di Sant’Angelo che risale al 1210. Ha i caratteri architettonici del gotico francese e ha molte affinità con la sala refettorio dell’Abbazia di Fossanova, che da qui dista pochissimo. Sempre dell’anno 1200 è la Collegiata di San Giovanni. Si trova nel mezzo del centro storico. Ciò che la rende speciale è un’impronta del Bernini. A una sola navata, la Collegiata conserva un pregiato altare di stile romanico e il busto eretto in memoria di Pasquale de Magistris, nipote del fondatore della Collegiata. Parrebbe che questa sia l’opera scultorea attribuita al Bernini, e comunque di sicura scuola Berniniana.

Da non perdere è poi l’antico castello medioevale. Sorge in Piazza Garibaldi, fu fatto costruire dai signori De Sompnino verso la fine del IX Secolo. Dominato dall’alta torre di oltre 30 metri, suddivisa in 4 ripiani a cui si accede tramite ripide scalinate. Al suo interno si trovano gli scantinati con le prigioni,  i forni e i pozzi che servivano ad assicurare la sopravvivenza in caso di assedio. Curiose le nicchie, trabocchetti e attrezzi di tortura che la torre nasconde.

Nell’antico Palazzo Mancini, che fu anche sede delle scuole elementari, c’è una tappa fondamentale: il Museo delle Terre di Confine. Il suo nome indica il confine che  un tempo ci fu tra lo Stato della Chiesa e il Regno di Napoli. Lungo questa linea furono dislocati centinaia di cippi confinari, di cui una riproduzione in vetroresina apre il museo.