I drammatici avvenimenti accaduti nella primavera del ’44, fanno da sfondo alla vicenda drammatica personale e sociale di una madre e di una figlia nel romanzo di Alberto Moravia, “La ciociara“.

La storia narra di Cesira, giovane originaria del frusinate che, trasferitasi a Roma con il marito commerciante, una volta rimasta vedova e con la città in mano alle truppe naziste d’occupazione, decide di tornare al suo paese di provenienza, Sant’Eufemia, con la figlia adolescente Rosetta, in attesa della fine della guerra. Durante il tragitto sono costrette a fermarsi un anno nella città di Fondi, con gli Alleati ormai alle porte.

Ed è proprio con la liberazione che si scatena il dramma: l’esistenza delle due donne diventa sempre più precaria; diventano sfollate e sono costrette a continui spostamenti. Durante uno di questi trasferimenti vengono violentate in una chiesa abbandonata dai goumier, membri maghrebini delle truppe irregolari francesi, che presero parte alle operazioni belliche nella zona di Montecassino.

La vicenda umana e toccante dello stupro, di cui peraltro, rimasero vittime moltissime donne e ragazze ciociare, si somma con quella collettiva della follia della guerra, della mancanza di cibo e di conforto umano, che mina anche lo stretto rapporto tra madre e figlia, ormai diventate estranee e chiuse nell’incomunicabilità reciproca. Momento catartico, che riporta equilibrio, nell’ormai mutato rapporto familiare è la notizia della morte di Michele, giovane partigiano che amava Cesira e che era molto affezionato anche a Rosetta.

La fucilazione di Michele, che non ha rinunciato ai suoi ideali, consente alle due donne di recuperare la loro umanità, consapevoli di aver perso l’innocenza ma anche che dal dolore estremo si può e si deve rinascere con la “la pietà che si deve agli altri e a sè stessi.”

Dal libro è stato tratto il celebre film diretto da Vittorio de Sica, con Sophia Loren nel ruolo di Cesira, che le valse l’Oscar, il primo dato ad un’attrice non di lingua inglese.

 

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