Nasce nell’Antica Roma ma torna in voga solo negli ultimi anni grazie al recupero dell’antica ricetta dei contadini delle campagne intorno a Roma che, impastando acqua, cereali, sale ed erbe aromatiche, realizzavano una focaccia bassa e ovale da cuocere sui carboni ardenti per portarla in dono ai sacerdoti.
I cereali utilizzati erano per lo più miglio, orzo, avena e solo successivamente il farro.

La pinsa è a tutti gli effetti l’antenato della pizza. Virgilio nell’Eneide descrive le azioni di un contadino che macina chicchi di frumento, setaccia la farina ottenuta, la impasta con acqua, erbe aromatiche e sale e ne ottiene un’appetitosa focaccia sottile che fa cuocere al calore della cenere su una pietra. Enea, appena sbarcato a Lavinio, narra Virgilio, fu tra le prime cose che addentò.

È presumibile che anche il termine pizza derivi da “pinsa”, dal participio passato pinsum (o pistum) del verbo latino pinsere, che significa schiacciare, macinare, pestare.
La pinsa del Terzo Millennio è ancora più digeribile della sua illustre antenata, perché la miscela di farro e kamut egiziano è stata sostituita da farina di frumento tenero, farina di soia e farina di riso, tutte rigorosamente non ogm.

Inoltre la lievitazione a biga invertita ha dato vita ad un prodotto di successo nelle pinserie laziali: la bontà della pasta compete con la qualità dei condimenti, e la leggerezza e la digeribilità non hanno rivali dal punto di vista dietetico.

Ingredienti per 6 pinse romane:
1 Kg di mix di grano tenero, soia e riso così composto:
* 800 grammi di farina di grano tenero
* 150 grammi di farina di riso
* 50 grammi di farina di soia
1/2 bustina di lievito secco
20 grammi di sale
10 grammi di olio extravergine di oliva
1 litro di acqua fredda di frigorifero

 

 

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