Una quarantina di edifici nel residenziale quartiere romano Trieste – Salario spiccano per lo stile bizzarro ed elegante, tutti concentrati intorno a piazza Mincio in un’inconsueta oasi di stile: è il quartiere Coppedé, dal nome dell’architetto che lo progettò nei primi decenni del Novecento su commissione della Società Anonima Edilizia Moderna.

Gino Coppedè morì nel 1927, dieci anni dopo l’edificazione di quest’area urbana che radicalizza la moda dell’epoca e la riempie di citazioni stilistiche e creazioni fantasiose, dal liberty al neoclassico.

Sul lato di accesso da via Tagliamento, vi accoglie una speciale porta d’ingresso, un grande arco che collega due palazzi con un enorme lampadario in ferro battuto al centro. Il fulcro del quartiere è piazza Mincio con la splendida Fontana delle Rane, dove si affacciano i villini delle Fate, la palazzina del Ragno, i palazzi degli ambasciatori su via Dora e il palazzo senza nome.

Sul lato di via Brenta, s’incontrano riferimenti a Venezia con il Leone di San Marco e il disegno di un veliero. Altrove si ricorda la città di Firenze. I tre Villini delle fate, circondati da un giardinetto secondo il modello della città giardino, riportano anche riferimenti a Dante e Petrarca. Sul pavimento, c’è un mosaico rotondo con tre fanciulle suonatrici (lira, voce e chitarrino) in abito romano antico, metafore dei tre villini, con la scritta: i villini delle fate, Neme, Melete, Aede. Sulle mura, altre scritte: DOMUS PACIS: Casa della pace; DOMINO LAETITIA PRAEBEO: Offro gioia al Padrone; ERECTA ANNO DOMINI MCMXXIV: Realizzata nell’anno 1924; PETRA FIRMITAS, EX ARTE VENUSTAS: dalla pietra la solidità, dall’arte la bellezza.

La terracotta, il travertino, il marmo, il vetro, il ferro, il legno e i laterizi si mescolano a generare la straordinarietà dei raffinati edifici, che celano singolari decorazioni con ragni, galli e persino la lupa, tra torri e loggette, piccoli giardini, bassorilievi e mura dipinte.

Il quartiere Coppedè non è passato inosservato agli occhi dei registi cinematografici. Dario Argento ambientò il film “L’uccello dalle piume di cristallo” nel Palazzo senza Nome, con il suo ingresso bizzarro e la curiosa scritta INGREDERE HAS AEDES QUISQUIS ES AMICUS ERIS HOSPITEM SOSPITO: Entra in questo luogo chiunque tu sia sarai amico io proteggo l’ospite.

 

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