Fino ad allora negata, Vittorio Emanuele II concesse la cittadinanza ai romani di cultura ebraica dando il permesso di costruire una grande Sinagoga. La comunità degli ebrei risiede a Roma dai tempi precedenti alla Diaspora e per questo è la più antica comunità europea.
Era la fine dell’Ottocento e Roma era stata da poco acquisita dallo Stato Italiano unito dal Risorgimento che l’aveva voluta capitale. Anche per questo gli ebrei romani vollero che il Tempio Maggiore fosse costruito tra i due colli simbolo del riscatto, il Gianicolo e il Campidoglio: il primo, teatro delle violente battaglie della Repubblica Romana; il secondo, punto di riferimento centrale della cultura civica di Roma.
Il Tempio fu costruito proprio accanto a quello che era stato il ghetto nel rione Sant’Angelo, di fronte all’Isola Tiberina, ben visibile da entrambi i colli. La costruzione, su progetto di Vincenzo Costa e Osvaldo Armanni, fu terminata all’inizio del Novecento in gran parte in stile liberty, in voga al tempo, specialmente nelle vetrate ad opera del maestro Cesare Picchiarini, collaboratore di Duilio Cambellotti. Complessivamente è in uno stile eclettico che ricorda gli edifici dell’antica Babilonia, a base quadrata con una grande cupola.
Nel livello inferiore del Tempio Maggiore furono portati arredi dalle altre piccole sinagoghe romane, le cinque Scole: castigliana, catalana, siciliana, nova e italiana. Oggi ospita il museo della comunità ebraica romana con importanti oggetti d’arte: una collezione di argenti romani del 1600 – 1700, tessuti preziosi provenienti da tutta Europa e pergamene miniate.
Numerosi documenti e reperti illustrano la storia bimillenaria che unisce la comunità ebrea alla città di Roma.
L’ampio piano principale ha due navate laterali ed è preziosamente decorato. In alto, lo spazio riservato alle sole donne: il matroneo.