In tutto il Lazio cresce la voglia di festeggiare il Carnevale. Indossare la maschera che più ci piace e allontanarci dal nostro modo di essere diventando qualcun altro, anche solo per un giorno, così in tutto il Lazio lo spirito del Carnevale è tornato a manifestarsi nei modi più creativi.

Un, due, tre… ed eccoci nel viterbese dove ferve il Carnevale di Ronciglione, pronto per i suoi grandi Corsi di Gala, sfilate in maschera, musiche, danze, Ussari, Nasi Rossi. L’atmosfera è intensa, vivida, colorata, Nel Mercoledì delle Ceneri il suono del campanone annuncia il ritorno di Re Carnevale e il sindaco consegna per 5 giorni le chiavi della città e segue il saltarello, i carri allegorici, il Carnevale dei bambini, la rappresentazione della Morte di Re Carnevale e l’apertura del suo testamento con il Corteo funebre e la tradizionale Fiaccolata della “Compagnia della Penitenza” e della “Compagnia della Buona Morte”. Così si sancisce la Partenza del sovrano con il Globo Aerostatico e la fine delle festività.

A Civita Castellana invece alla festa di Sant’Antonio Abate del 17 gennaio, si svolge l’investitura del Re Carnevale attraverso una figura di fantasia, il Puccio di cartapesta. Il pupazzo panciuto e rubicondo è il sovrano di bisbocce e sregolatezza. Fa da corollario la più bizzarra banda che si conosca, La Rustica, in grado di trasformare gli oggetti più stravaganti in strumenti musicali. Non mancano di certo le laboriose mascherate, in corteo e libere, che avvolgono gli spettatori con la loro allegria.

Frizzi, lazzi e scherzi fino a raggiungere il reatino dove ad accoglierci c’è il Carnevale di Poggio Mirteto, caratterizzato da una particolarità pressoché unica in Italia. Si celebra in due forme distinte: un carnevale calendariale, detto Carnevalone Poggiano con canti, danze, maschere, carri allegorici ma anche gare, l’attesa sagra della bruschetta e il Carnevale dei bambini; e poi un secondo Carnevale nel periodo della Quaresima, detto Carnevalone Liberato. È conosciuto come “Carnevale Anticlericale” per la sua connotazione fortemente dissacratoria, in cui non viene festeggiata solo la fine del carnevale con maschere, carri, vino e compagnie danzanti, ma anche la liberazione del borgo dallo Stato Pontificio. Due feste profondamente differenti ma connesse tra loro per essere storicamente radicate nel tessuto culturale e identitario di questo vivace centro della Sabina, tanto da parlare di Poggio Mirteto come del “paese dei due carnevali”.

Tra risa e allegria spostiamoci nel pontino con il Carnevale degli antichi mestieri di Priverno, un divertimento dal sapore antico che fa riscoprire e tramandare alle nuove generazioni i mestieri di un’epoca, ormai quasi completamente scomparsi. Si lascia libero sfogo all’abilità, alla fantasia, all’osservazione e allo studio antropologico del paese attraverso il riciclo di materiali e oggetti di ogni tipo. Un patrimonio di storia e tradizioni da ammirare, conoscere, e valorizzare. Non mancano naturalmente le tradizionali sfilate di carri allegorici e gruppi in maschera. Segue, ma non certo per irrilevanza, il Carnevale di Sezze, che si impernia su due maschere umili nate dalla fantasia popolare: Peppalacchio e Peppa. Sono i simboli della cultura contadina che convolano a nozze il Giovedì Grasso. Il corteo è seguito da suonatori di antichi strumenti, gruppi canori e gente in maschera che intona filastrocche che ricordano il senso delle orge alimentari di un tempo, prima del digiuno della Quaresima. In ogni piazza della cittadina i due fantocci vengono uniti in matrimonio in maniera burlesca.

Cosa ci attenderà in Ciociaria?

Semplice, il Carnevale di Frosinone! Da oltre duecento anni si associa alla rievocazione del processo al generale francese Jean Antoine Etienne Vachier, detto Championnet, portato in corteo come un gigantesco pupazzo di cartapesta. Alla fine dei festeggiamenti è bruciato mentre la folla si dedica al goliardico rito della “ràdeca”, una foglia verde di agave con cui si tocca la testa dei partecipanti. Questa tradizione risale alle cerimonie in onore del dio Priapo, simbolo di fecondità.

Ma eccoci magicamente approdare nel Carnevale di Pontecorvo. Dal 1952 rievoca la risalita del fiume Liri da parte dei Saraceni con gli abitanti costretti a difendersi al grido di “ammazza i Mori”, da cui deriva la maschera Mazzamauri. La tradizione è stata ripresa, inserendo nuove figure come la “Principessa”, per rivivere il fasto delle grandi serate di ballo che terminavano di solito con l’elezione di un re ed una reginetta. Il costume ufficiale è Burlicchio vestito da Arlecchino, con il naso di Pinocchio e in mano un manganello. Stupende sfumature di colori contraddistinguono il tipico rivestimento di “carta sovrapposta” dei carri allegorici sfilanti, circondati da tante maschere.

Per Pirandello la maschera è tendenzialmente inconsapevole ma a Carnevale è piena la volontà di assumere l’identità che si vuole. Un supereroe, un personaggio del passato, persino un oggetto inanimato vi farà vivere una giornata in spensieratezza e allegria… ai Carnevali nel Lazio!

 

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