Via del Babuino, Via del Corso e Via di Ripetta sono le tre vie di Roma meglio conosciute con il nome di Tridente indicando con questo termine le tre strade che partono da piazza del Popolo, ai piedi della collina del Pincio, e che entrano nel cuore del centro storico della Capitale, nel Rione Campo Marzio.

Da piazza del Popolo a piazza di Spagna, secondo un tracciato retto e ben definito, corre l’elegante Via del Babuino gemellata dal 2002 con Madison Avenue a New York. L’impronta dell’architetto Valadier, colui che diede una nuova forma alla vicina piazza del Popolo, si trova anche in via del Babuino dove al suo genio si devono importanti Palazzi che ospitano oggi prestigiosi Hotel.

Via del Babuino è una delle vie più interessanti per lo shopping nella Capitale. Le vetrine dei negozi di lusso si intervallano con palazzi di pregio architettonico e storico. A circa metà del percorso, si trova l’atelier del grande scultore Antonio Canova, da questi poi lasciato all’allievo prediletto Adamo Tadolini, dove oggi è possibile sorseggiare un ottimo tè, consumare uno spuntino, o prendere un piacevole aperitivo tra le copie in gesso di grandi statue, testimonianza viva di due secoli di scultura italiana.

La strada cambiò nome per due volte: prima si chiamò via Clementina in onore di papa Clemente VII che la fece costruire, poi divenne via Paolina in omaggio a papa Paolo III che la volle ristrutturare. Infine prese il nome che conserva oggi e che si deve alla fantasia popolare legata a una piccola fontana che si trova sulla strada nel tratto più vicino a piazza del Popolo.

Costruita ed istallata verso la fine del Cinquecento ad uso quotidiano dei cittadini, la fontana, alimentata dall’Aqua Virgo, rappresenta un Sileno che, secondo la mitologia greca, era un uomo vecchio, obeso e vestito soltanto da una pelle di capra. Una figura talmente poco attraente e simile ad una scimmia che il popolo romano la definì “er Babuino”, nome che caratterizza tutta la strada ancora oggi. Il Babuino, che i romani pronunciano: Babbuino, è anche una delle sei statue parlanti di Roma sulle quali i romani, a partire dal XIV secolo, affiggevano e continuano ad affiggere ancora oggi, poesie e messaggi satiri ed irriverenti (le cosiddette “pasquinate”), per criticare in forma anonima i governanti e i personaggi noti.

 

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