Gerano si trova tra estesi boschi di castagno, prospiciente la pianura percorsa dal Giovenzano. Questo affluente dell’Aniene è racchiuso tra i monti Ruffi e il massiccio del Guadagnolo. Il borgo si adagia su un terreno tufaceo, morfologicamente simile alla Montagna delle Gru (Gherania) in Grecia, da cui prende il nome, Gerano.
La valle del Giovenzano è stata intensamente sfruttata e contesa da vari popoli sin dall’antichità. Numerose le testimonianze della colonizzazione del territorio da parte dei romani: ruderi di ville, i resti di Trebula Suffenas, il Passo della Fortuna, le mura poligonali e le murature romane dislocate in luoghi diversi. Il centro storico sorse tra il IX e il X secolo. È un dedalo di strette vie che si inerpicano da Porta Amato, Porta Maggiore e Porta Cancello per convergere verso Santa Maria e la parte più alta del vecchio.
Ammirate la Fontana di Ciocio, un antico fontanile romano del II secolo. Il Palazzo di Corte del XIV secolo fu tribunale locale e dazio comunale. Nella piazzetta antistante avvenivano le aste pubbliche col metodo dell’accensione della candela.

Foto di @Frederick Sporchia
Da non perdere a Gerano è la Casa delle antiche scatole di latta, un luogo magico che ha il profumo della memoria.
Gli strozzapreti sono un tipico primo piatto il cui nome deriva dal particolare impasto. È duro e colloso e un tempo richiedeva del vino per essere deglutito che il clero non poteva consumare. Ecco il perché di questo nome curioso. Tipici gli strozzapreti con la pistecchia, il condimento con pomodoro, aglio, olio, prezzemolo e alici.
Assaggiate anche le gnocche pelose, un tipo di tagliatelle condite con funghi porcini e salsicce. E poi i maccarunacci co’gli cici, un particolare taglio di pasta condita con sugo di ceci. Infine, i dolci secchi detti ciammillitti de magru.
Passeggiate nel Parco naturale dei Monti Lucretili tra gli incantevoli percorsi naturalistici immersi tra i castagneti e la valle del Giovenzano.

Infiorata di Gerano
Dal 1740, nela prima domenica dopo San Marco (25 aprile) a Gerano si svolge l’infiorata più antica d’Italia.
Cosa ha di particolare questa infiorata per essere tra i candidati a Patrimonio Immateriale dell’Unesco?
L’Infiorata di Gerano non è stata mai sospesa, neanche durante periodi di guerra o altri drammatici eventi. Inoltre, i Maestri Infioratori disegnano i motivi da rappresentare direttamente con gessi sul terreno e utilizzano esclusivamente petali di fiori e foglie, senza le terre colorate.

Madonna del cuore di Sebastiano Conca
Il variopinto tappeto floreale è realizzato in occasione della tradizionale manifestazione legata alla devozione alla Madonna del Cuore. Il dipinto della Madonna del Cuore è un’opera settecentesca di Sebastiano Conca e fu portato a Gerano da due gesuiti nel 1729. I geranesi si affezionarono all’immagine a tal punto da pregare i due religiosi di non portarla più via. Si narra che i gesuiti non ne vollero sapere e, ogni volta che tentavano di lasciare il paese col dipinto, iniziava a piovere. I devoti interpretarono tutto ciò come un segno della volontà della Madonna di restare a Gerano. E così fu.

Infiorata di Gerano – Dante Alighieri 2015
Alla vigilia dell’Infiorata a Gerano, i protagonisti s’incontrano in cantina per realizzare i quadri sperimentando nuove tecniche per creare sfumature e accostamenti cromatici con i fiori scelti.
Il sabato si può assistere alla “Calata” dell’immagine della Madonna del Cuore, tolta dal muro della chiesa di Santa Maria Assunta. Suggestiva la processione di domenica con il passaggio sul letto di fiori del quadro della Madonna del Cuore, sorretto dai membri della Confraternita.
Finita la processione, i bambini smantellano il tappeto floreale con la tradizionale “Sciarrata”. E poi, via libera allo sfavillante spettacolo pirotecnico che pone fine ai festeggiamenti.
Il Museo dell’Infiorata è la memoria identitaria di questa comunità. Raccoglie documenti e antichi attrezzi adoperati nel mestiere antico dei Maestri Infioratori. Qui si legge anche un po’ di rimpianto nei racconti del tempo passato quando i confratelli si dedicavano alla raccolta di petali e foglie di ginestra, glicine, villaggina, “palle di neve”, bosso, leccio, olivo e saggina.