“Somewhere over the rainbow”, Judy Garland cantava così, 80 anni fa, il mondo fantastico di Dorothy ne “Il mago di OZ”, e l’arcobaleno non ha mai smesso di essere l’ispirazione per poeti, cantanti e cantastorie. Come quella leggenda irlandese che narra di un folletto dal cappello verde che custodisce il tesoro delle fate proprio dove si posa l’arco multicolore…. che noi abbiamo trovato! Venite con noi a caccia della pentola d’oro!
Alcuni elfi hanno spifferato d’imbatterci nel Cicolano, quella parte a sud della Sabina che s’immerge nella valle del fiume Salto in un saliscendi tra le montagne della Duchessa, l’altopiano di Rascino, dove si coltiva la lenticchia presidio Slow Food a oltre 1000 metri di quota, e i monti Nuria, Navegna e Cervia.
Iniziamo a perlustrare Borgorose, uno dei sette borghi del Cicolano che racchiudono il lago del Salto, la gemma turchese che scintilla vigorosa tra i boschi smeraldo di due riserve naturali, dei monti Navegna e Cervia e della Montagna della Duchessa.
A Corvaro, il Museo Archeologico Cicolano e un maestoso tumulo, un monumento funerario largo 50 m e alto quasi 4, raccontano la storia degli Equicoli, i discendenti dell’antico popolo degli Equi confinati sulle montagne di questo territorio impervio.
Una passeggiata tra i numerosi reperti ci portano in un passato lontano ma torniamo al presente: che si mangia di tipico? Abbiamo assaggiato la pizza sfogliata, ripiena di carne macinata, pepe e formaggio, e il Serpentone di Sant’Anatolia, un dolce di mandorle, uova, limone e caffè che cela molti simboli pagani e cristiani.
Avviciniamoci sempre di più alle sponde frastagliate del lago del Salto per raggiungere Pescorocchiano, affacciato sulla valle del Salto da un costone roccioso, tra i boschi di querce e castagni dei monti Carseolani e i pascoli naturali. Entriamo subito sul versante meridionale del Monte Sant’Angelo, nella Grotta di Val de’ Varri, 1800 metri percorsi dal fiume che ha scavato nelle cavità carsiche un tragitto spumeggiante di cascate e cascatelle sotterranee. La natura racconta una storia antichissma, quella dell’Età del Bronzo, quando proprio qui si stabilirono i primi abitanti. Un luogo affascinante ma, anche se ci fosse, l’arcobaleno non riusciremmo a vederlo!
Proviamo a spostarci a Marcetelli, un minuscolo borgo con meno di 100 abitanti, il più piccolo del Lazio! Un incantevole gioiello di pietra che s’arrotola con stradine ripide sul monte Navegna.
Qui il passato è ancora presente e si tocca con mano. Già, non sarà difficile incontrare dei mastri bottai, gli artigiani che producono a mano con legno di castagno tini, tinozze, botti e bigonci. Questa tradizione ha trovato spazio nella “Bottega del Cerchiaro”, il primo museo interamente dedicato a questa arte, tra pialle, toghe, cortellu elle toe e segarellu.
E già che abbiamo parlato dell’albero, non dimentichiamo di assaggiarne il frutto: la castagna rossa di Marcetelli.
Arrivati a Varco Sabino, sbirciamo tra i palazzetti in pietra di questo borgo incastonato nella roccia per scovare il nostro agognato arcobaleno qui, nel verde ombroso della Riserva Naturale Monte Navegna e Monte Cervia. Sarebbe meraviglioso immortalarlo sulle sponde del lago del Salto durante una splendida cavalcata sull’ippovia che sfoggia oltre 200 km di panorami incontaminati, da Poggio Moiano a Varco Sabino, Marcetelli, le grotte di Val de’ Varri, Ascrea e Paganico Sabino attraverso la Gola dell’Obito.
Ancora nessun arcobaleno? E allora tiriamo dritti fino a Concerviano, dove si nasconde un antichissimo capolavoro di architettura nel cuore verdeggiante della valle del Salto, l’Abbazia benedettina di San Salvatore Maggiore, che cela tra le mura severe preziosi portali, fregi e portici.
Avviciniamoci di più al lago del Salto e… si, c’è l’arcobaleno! Siamo a Petrella Salto, dove gli agognati sette colori si riflettono sull’“acqua azzurra, acqua chiara” lacustre, come canterebbe Lucio Battisti!
Storie di santi e peccatori si narrano nella piccola frazione di Borgo San Pietro, i racconti di vite agli antipodi di due personaggi: Filippa Mareri e Beatrice Cenci.
Filippa Mareri fondò nel 1228 il primo monastero francescano delle Clarisse che, nel 1940, fu sommerso dalle acque del lago artificiale e i cui resti sono nel museo a lei dedicato. La Santa eremitò nella grotta naturale che sovrasta il monastero attuale, alla quale si giunge con un sentiero dagli straordinari scorci sul lago e sulla valle del Salto.
La Rocca dei Cenci narra invece la storia, forse un po’ romanzata, di Beatrice Cenci, la nobildonna romana che nel 1500 fu prima giustiziata per parricidio e poi considerata un’eroina popolare.
Non resistiamo proprio alla tentazione di pedalare fino a Fiamignano per raggiungere l’altopiano di Rascino. Respirate a pieni polmoni, siete in uno spicchio di Paradiso! Canticchiando “lo sai che i papaveri son alti, alti, alti”, ci distendiamo sul prato con vista panoramica al profumo di lenticchie, dove s’ode solo il muggito delle mucche!
L’arcobaleno l’abbiamo trovato, sarà dunque questo il luogo fantastico che cantava Dorothy dove regna “il sereno dopo la tempesta” e forse un po’ di follia? È forse questo il vero tesoro nel pentolone d’oro ai piedi dell’arco ultracolorato?